lunedì 12 aprile 2010

Suoni e immagini


Quando l’immagine può sostituire il sonoro?
Per rispondere a questa domanda bisogna analizzare una sequenza del terzo film (muto) di Alfred Hitchcock, “The Lodger” (1926).
La storia è ambientata a Londra. Mentre la polizia è alla ricerca di un serial killer ossessionato dalle ragazze bionde, un misterioso inquilino (Ivor Novello) prende in affitto una stanza nella pensione dei Bunting. La figlia dei padroni di casa, una bellissima e giovane bionda, si invaghisce dell'uomo, senza considerare gli indizi che lo additano come il pericolo assassino.

L’affittuario cammina nervosamente avanti e indietro nella sua camera al primo piano, intanto nella stanza sottostante i padroni di casa conversano tra loro e ben presto verranno interrotti dall’oscillare del lampadario.
Al fine di rappresentare il rumore dei passi sopra il soffitto, Hitchcock fa costruire un pavimento di vetro, vi fa camminare sopra Novello, mentre lo riprende dal basso. Successivamente fa un’inquadratura del lampadario oscillante ed infine sovrappone le due immagini.



E quando quest’ultimo diventa parte integrante di un film?
Molti registri non si resero con del potenziale che avevano tra le mani con l’avvento del sonoro. Infatti, nei primi film il sonoro veniva utilizzato solamente per far parlare i personaggi e nulla di più.
Il regista tedesco Fritz Lang invece decise di utilizzare la nuova tecnologia a disposizione in modo più innovativo e creò così il suo capolavoro “M – Il mostro di Dusseldorf” (1931).
E’ la storia tratta da un fatto di cronaca avvenuto in Germania nel 1925. La città di Dusseldorf è terrorizzata da un maniaco che adesca ed uccide molte bambine. Sia la polizia che la potente organizzazione malavitosa della città (che vede nei delitti, e nel conseguente aumento della vigilanza e degli arresti, una seria minaccia alla propria vitalità) si mettono alla caccia del maniaco. Quest’ultima riesce a stanarlo, lo processa e lo condanna a morte. Solo l'intervento delle forze dell’ordine riuscirà a salvargli la vita. Sarà la giustizia ufficiale a giudicarlo.



Il film inizia con una bambina che canta una filastrocca, da qui si capisce subito che il regista utilizzerà il sonoro in modo non convenzionale.
Il mostro per tutta la prima parte del film non lo si vede mai in volto, ma lo si riconosce in quanto fischietta il motivetto della suite Peer Gynt di Edvard Grieg. In realtà era lo stesso Lang che fischiava, in quanto l'attore (Peter Lorre) non ne era capace.
Il film è stato girato interamente nei teatri di posa, non ci sono riprese esterne, la scenografia è molto ridotta. Per rendere veritiera l’ambientazione della metropoli Lang si affida rumori di sottofondo, in questo caso abbiamo una "scenografia sonora".
Anche i dialoghi convergono in quella direzione. Si può notare proprio nelle prime sequenze del film l’utilizzo frequente del verbo sentire, in questo modo Lang vuole sollecitare lo spettatore all'ascolto dei dettagli.
Quando il ministro telefona al capo della polizia per lamentarsi del ritardo delle indagini, il cineasta tedesco sostituisce alle immagini convenzionali dei due interlocutori le inquadrature che mostrano nei dettagli le misure adottate per risolvere il caso, descritte dalla voce fuori campo del capo della polizia.
Molti registi dei giorni nostri avrebbero tanto da imparare dai grandi maestri.